CALTANISSETTA – Vasta operazione antimafia condotta dalla Polizia di Stato, denominata ‘Lua Mater’, con l’esecuzione di due distinte ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 13 persone nell’Ennese, tra Regalbuto e Pietraperzia. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento personale aggravato, detenzione e porto abusivo di armi comuni, armi clandestine e da guerra. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Caltanissetta, ha portato infatti alla scoperta di due imponenti arsenali nella disponibilità di Cosa nostra.
Durante le indagini, coordinate dal Servizio Centrale Operativo, la sezione investigativa di Caltanissetta del Sisco, la Squadra Mobile di Enna e il Commissariato di di Leonforte, hanno trovato e sequestrato 8 fucili, 3 mitragliatori e 9 pistole, nonché il relativo munizionamento. All’operazione, che si è svolta in collaborazione con il personale delle squadre mobili e degli uffici di polizia di diverse città, hanno partecipato 180 operatori della Polizia di Stato che hanno eseguito le misure cautelari ed effettuato numerose perquisizioni.
“Quanto accertato in questa operazione conferma l’erroneità del concetto di ‘mafia liquida’ e di una Cosa nostra che fa solo affari non curando l’apparato militare – ha detto il procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore De Luca -. E’ dagli anni Novanta che non mi capitava di vedere un così ingente quantitativo di armi sequestrate: tre fucili mitragliatori, di cui due kalashnikov, 8 fucili e 9 pistole, più circa 2 mila munizioni. Il dato è inquietante perché il kalashnikov se ben usato ha una forza tale da riuscire a bucare anche le blindature. Quale fosse l’utilizzo potenziale di queste armi si dovrà accertare ma desta una certa inquietudine. Questo è uno dei distretti d’Italia in cui la criminalità organizzata ha più armi in rapporto alla popolazione. I due arsenali sono stati rinvenuti uno a Pietraperzia e l’altro a Regalbuto, piccoli centri da 7 mila abitanti l’uno. Bisognerà accertare il perché di tutte queste armi”.
De Luca ha sottolineato come la Procura e le forze di polizia giudiziaria abbiano esercitato un controllo sul territorio che ha impedito gravi fatti di sangue. “E’ la conferma – ha aggiunto – che la Procura di Caltanissetta non si occupa solo dei filoni di indagini sulle stragi del ’92 ma anche delle dinamiche mafiose attuali avendo la priorità della sicurezza dei cittadini. Si ripropone un copione già visto, cioè un capomafia che esce dal carcere dopo aver scontato diversi anni di detenzione e godendo di particolare prestigio riprende in mano le redini del territorio”.
“Le armi venivano custodite da un uomo di fiducia del boss. A Pietraperzia sono state trovate in campagna mentre a Regalbuto nascoste nel bar centrale del paese – ha detto la dirigente della Squadra Mobile di Enna, Elena Barreca -. L’organizzazione operava sul territorio con l’uso della forza mediante minacce, estorsioni, pestaggi. Dall’altra parte il vertice dell’associazione si poneva come referente all’esterno per le famiglie mafiose che operano in altri territori. Tra gli episodi accertati uno particolarmente eclatante in cui il boss decide di infliggere la propria punizione su un giovane, uno spacciatore, umiliandolo perché colpevole di aver avviato un’attività di spaccio senza il suo consenso. Il giovane, particolarmente prestante, prendeva gli schiaffi e non reagiva riconoscendo il potere del boss”.