VICENZA – Il suo sorriso, la vitalità, la gioia di vivere di Sammy Basso contagiava tutti. Nonostante la malattia, che a un organismo come il suo, minato dalla progeria, faceva sopportare molto più dei suoi 28 anni, Sammy ha avuto un’esistenza vissuta sempre intensamente, contro ogni difficoltà. “Era davvero difficile incontrare qualcuno di più vivo di lui quando era in giro” ha sintetizzato con efficacia Lorenzo Jovanotti, uno dei suoi tanti amici. Anche Papa Francesco era rimasto colpito da quello studente dal fisico fragile ma dalla tempra d’acciaio, che a 17 anni gli aveva mandato una lettera per dirgli che lo apprezzava per i modi schietti e diretti che aveva con la gente. Il Papa gli aveva telefonato a casa e tra i due era scattato un rapporto di affetto.
Ieri la vita di Sammy è finita: un malore improvviso, mentre era al ristorante, con la famiglia e alcuni amici, a Villa Razzolini Loredan ad Asolo. Nulla hanno potuto fare i medici del Suem 118, che hanno tentato invano di rianimarlo. Il giovane vicentino, originario di Tezze sul Brenta (Vicenza), era affetto dalla sindrome della progeria di Hutchinson-Gilford, patologia rara caratterizzata da “invecchiamento precoce”. Sammy è stato il più longevo malato di progeria al mondo. Studi, lauree, ricerche, viaggi, interviste, partecipazione a programmi tv, tra i quali Sanremo, all’Ariston, dove lo invitò Carlo Conti, hanno riempito la breve ma intensa vita di Basso. Dopo il diploma al liceo, nel 2018 era arrivata la laurea in Scienze Naturali all’Università di Padova, con una tesi volta a dimostrare la possibilità di curare la progeria con l’apporto dell’ingegneria genetica. Una mente brillante quella di Sammy, anche negli studi universitari. Nel 2019 venne nominato, con motu proprio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; riconoscimento che anticipò la specializzazione, nel 2021, in Molecular Biology, sempre a Padova, questa volta con una tesi che affermava la correlazione tra progeria ed infiammazione.
Nel mezzo, c’era stato il viaggio negli Usa, coast to coast sulla Route 66, seguito dalle telecamere di Sky, e diventato un documentario di National Geographic. Quando Carlo Conti, seduto con lui sulla scalinata dell’Ariston, gli chiese da dove derivava la sua forza, Basso rispose come sempre con pacatezza e con il sorriso: “Più che forza è positività. La prendo dalla famiglia, dagli amici, da quello che mi sta intorno”. Poi aveva ricordato il ‘pilastro’ costituito dai genitori, Laura e Amerigo: “I miei genitori hanno combattuto le mie battaglie quando non potevo e mi hanno insegnato a combatterle da solo quando ho avuto l’età per farlo. Se la mia famiglia è stato il sostegno, c’è stato un sostegno diverso, e in qualche modo uguale, di tutte le persone con cui ho stretto rapporti veramente forti: gli amici, i ricercatori sono la mia famiglia”.
Momenti difficili ne aveva superati tanti: come l’intervento al cuore, nel 2019 all’ospedale San Camillo di Roma, il primo al mondo su un paziente affetto da progeria. Il gene responsabile della malattia venne scoperto nel 2003, quando Sammy aveva 8 anni. Nel 2005 la sua famiglia, assieme a un gruppo di amici, fondò l’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso, l’unica in Europa a occuparsi della sindrome, con lo scopo di condividere e diffondere le conoscenze e promuovere la ricerca scientifica sulla rara malattia genetica. L’ultima apparizione in pubblico di Sammy era stata di due giorni fa, a Venezia, per il premio “Paolo Rizzi”.
La sua morte ha suscitato un’ondata di cordoglio, a partire dalla premier Giorgia Meloni che ne ha ricordato lo “straordinario coraggio”. La ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha sottolineato che grazie alla “sua determinazione ha fatto conoscere al mondo la progeria, diventando un esempio di forza e speranza”. Altri messaggi di vicinanza alla famiglia sono giunti dal presidente della Camera Lorenzo Fontana, dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, da quelli dell’istruzione, Giuseppe Valditara, e dell’Università, Anna Maria Bernini. Poi le parole commosse del presidente del Veneto, Luca Zaia, della rettrice dell’ateneo di Padova, e di Jovannotti: “Quando veniva ai miei concerti era una festa”.