Piano diabolico per accaparrarsi il lido catanese

Coinvolte nella truffa due donne legate al clan Cappello VIDEO

CATANIA – Un sequestro preventivo di beni è stato eseguito dai carabinieri di Catania nei confronti di Salvatore Pistone, pregiudicato 62enne nisseno, Giovanna Maria Salvo, pregiudicata 49enne catanese, e Anna Laura Comparato, 28enne catanese (queste ultime madre e figlia e imparentate a elementi di spicco del clan Cappello). Ai tre sono stati notificati anche gli avvisi della conclusione delle indagini preliminari per i reati di truffa e falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici.

Gli indagati sarebbero riusciti con imbrogli ad accaparrarsi la gestione per ben 2 anni di un noto lido catanese sul lungomare di Ognina. Un piano ben congegnato e collaudato, con una netta suddivisione dei compiti: l’uomo, nella prima fase della truffa iniziata nel 2021, avrebbe dovuto occuparsi delle trattative iniziali con la società titolare dello stabilimento balneare, il “Miami Lounge Beach Bar”, con l’obiettivo di convincerla a sottoscrivere a suo favore un contratto d’affitto. Ed effettivamente, dai riscontri investigativi, sarebbe emerso come Pistone, fingendosi il legale rappresentante di una società svizzera – realmente esistente e operante nel Canton Ticino ma che è totalmente all’oscuro dell’intera vicenda – avesse avviato le trattative con il rappresentante della proprietà del lido/ristorante, esibendo nel corso dei numerosi incontri tutta una serie di documenti e deleghe false, mai prodotti o emessi dal gruppo elvetico.

L’offerta per l’aggiudicazione della gestione dell’attività sarebbe stata particolarmente ghiotta: 135.000 euro all’anno per i primi due anni, 140.000 per il terzo e il quarto anno e 150.000 per il quinto e il sesto. Nel corso della negoziazione l’amministratore della società titolare del lido, ben disposto dalla documentazione falsa che gli era stata fornita, persuadendosi della bontà della proposta aveva comunque richiesto una polizza fideiussoria a garanzia dei futuri pagamenti dei canoni di locazione. Anche in questo caso il documento bancario fornito si è rivelato totalmente falso.

Al termine delle contrattazioni, durate oltre un anno, nel mese di marzo 2022 l’amministratore della società catanese si era quindi deciso a sottoscrivere il contratto e a concedere in affitto il lido, con annesso ristorante. Da questo momento in poi, nella seconda parte della truffa, sarebbero entrate in gioco le due donne, inizialmente defilate, per occuparsi in concreto della gestione e della promozione dell’attività commerciale, in vista della stagione balneare 2022. Per pubblicizzare l’apertura del lido è stato infatti realizzato anche un sito web, in cui era appunto riportato il numero di telefono della Comparato, che aveva avuto il compito di organizzare in prima persona le prenotazioni e tenere i contatti in nome e per conto dell’azienda.

Le due donne, tuttavia, non avrebbero mai pagato la quota dei canoni di locazione pattuiti con la proprietà, motivo per cui erano state citate in giudizio davanti al tribunale civile di Catania, per chiarire appunto la loro posizione di inadempienza. Anche in questa circostanza non si sarebbero fatte scrupoli a produrre, durante il processo civile, ulteriori documenti falsi, con lo scopo di indurre in errore anche l’autorità giudiziaria portandola a ritenere che la situazione economica della loro società fosse ben solida e che le due fossero in possesso di fondi bancari necessari per estinguere il debito.

I carabinieri hanno passato al setaccio la completa situazione economica degli indagati, analizzando migliaia di pagine e documenti riguardanti movimentazioni bancarie, conti correnti, contatti con fornitori, arrivando alla conclusione che l’attività commerciale fosse stata da loro illecitamente acquisita. L’odierno sequestro rappresenta il culmine di investigazioni tanto delicate quanto complesse. La gestione dell’attività commerciale illecitamente acquisita e gestita, del valore di circa 3 milioni di euro, è stata affidata in custodia giudiziaria all’amministratore individuato dal tribunale.

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