AGRIGENTO – Imponevano i lavoratori amici, familiari o comunque di loro fiducia, nelle ditte di raccolta e trasporto rifiuti, di carburanti ed edili. Non sarebbero mancati i danneggiamenti: alcuni indagati avrebbero dato fuoco a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni; altri a un furgone intestato a una rivendita di bevande di Porto Empedocle. In altra circostanza avrebbero esploso diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca della stessa rivendita. E ancora avrebbero esploso, quale azione dimostrativa a scopo d’intimidazione, diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, “colpevole” di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei presunti sodali.
Sono i risultati dell’inchiesta della dda palermitana che ha portato ai 23 fermi su 30 indagati (quattro di loro si trovano in carcere, mentre 3 sono all’estero) nell’operazione antimafia dei carabinieri di stamane. Secondo gli investigatori che hanno registrato un’ allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche con l’utilizzo di armi è stata evitata una guerra di mafia. “Probabilmente – scrivono i carabinieri – c’è stato un tentativo di imposizione del rispetto della ‘competenza’ territoriale, oltre che ipotetici tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso al momento al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta. Si profilava, pertanto, che il crescendo di azioni intimidatorie avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria ‘guerra’ di mafia”.
La cosca avrebbe anche costretto, mediante ripetuti atti di violenza e minacce, il titolare di un esercizio commerciale di Agrigento a versare mensilmente 1.000 euro. I gruppi criminali avevano in mano anche il monopolio del traffico di stupefacenti: gli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta promuovevano e dirigevano – viene ricostruito dai carabinieri – due diverse associazioni dedite al traffico di stupefacenti. Nel corso dell’indagine, sono stati sequestrati oltre 100 chili di hashish, oltre 6 chili di cocaina e, lo scorso novembre, anche 120.000 euro contenuti in 5 pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura.
Tra i fermati ci sono il favarese Domenico Blando, l’uomo che curò la latitanza di Giovanni Brusca a Cannatello, e Fabrizio Messina, ritenuto il boss di Cosa nostra a Porto Empedocle nonché fratello dell’ergastolano Gerlandino. Nella lista figurano anche Pietro Capraro, 39 anni, che ha già scontato 15 anni di carcere nell’ambito delle inchieste antimafia Nuova cupola e Parcometro, e tante vecchie conoscenze delle forze dell’ordine. Fra questi Guido e Nicolò Vasile, padre e figlio del quartiere di Villaseta, coinvolti in passato in un’indagine su mafia ed estorsione, e il favarese Michele Bongiorno, che ha già scontato una condanna per un omicidio commesso a soli 19 anni. Anche quello di Gaetano Licata, già arrestato e condannato nell’indagine Nuova cupola, è un altro nome che torna alla ribalta. Altri fermati di questa notte, fra cui Samuel Pio Donzì e il 37enne Giuseppe Sottile, sono stati coinvolti in numerose vicende di criminalità spicciola.
I destinatari dei provvedimenti di fermo sono Domenico Blando, 67 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 34 anni, di Favara; Pietro Capraro, 39 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 33 anni, di Agrigento; Carmelo Corbo, 46 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 25 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 49 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 35 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 39 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 59 anni, di Palermo; Christian Gastoni, 31 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 60 anni, di Castrofilippo; Rocco Grillo, 32 anni, di Gela; Alfonso Lauricella, 58 anni, di Agrigento.
E ancora Gaetano Licata, 41 anni, di Villaseta; Fabrizio Messina Denaro, 57 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 49 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 36 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 34 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 46 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 53 anni, di Canicattì; Giuseppe Pasqualino, 33 anni, di Gela; Calogero Prinzivalli, 41 anni, di Agrigento; Mirko Salvatore Rapisarda, 42 anni, di Gela; Emanuele Ricottone, 58 anni, di Marianopoli (Caltanissetta); Giuseppe Sottile, 37 anni, di Agrigento; Alfonso Tarallo, 44 anni, nato a Genk (Belgio); Angelo Tarallo, 44 anni, nato a Liegi (Belgio); Guido Vasile, 65 anni, di Agrigento e Nicolò Vasile, 43 anni, di Agrigento.