“Parto cesareo ritardato”: condannate dottoresse a Catania

Bimbo nato con gravi disturbi neurologici: 6 anni di carcere NOMI

CATANIA – La terza sezione penale del tribunale di Catania ha condannato a sei anni di reclusione due dottoresse dell’ex ospedale Santo Bambino, Gina Currao e Amalia Daniela Palano, ritenute colpevoli di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici nel processo sulla nascita, il 2 luglio del 2015, di un bimbo con gravissimi disturbi neurologici perché, secondo l’accusa, a fine turno hanno tardato a intervenire con un parto cesareo per non restare ancora al lavoro. Il tribunale ha condannato a cinque anni di reclusione una terza dottoressa, Paola Cairone, per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici

Il collegio sul capo di imputazione di lesioni gravissime colpose non si è espresso, trasmettendo gli atti alla Procura per valutare il profilo del dolo eventuale. Nel processo l’azienda ospedaliera Vittorio Emanuele, a cui faceva capo l’ospedale Santo Bambino, è stata condannata al pagamento dei danni morali, da stabilire altra sede, alle parti civili e ai genitori del bambino. I giudici hanno disposto il pagamento di una provvisionale da parte dell’azienda e delle due dottoresse di 150 mila euro ciascuna ai genitori del bambino, mentre, a loro volta, Currao e Palano dovranno risarcire personalmente l’ospedale con 20 mila euro ciascuna. Cairone invece dovrà risarcire di 100 mila euro ai genitori del piccolo e, personalmente, 15 mila all’ospedale.

Le tre dottoresse sono state interdette in perpetuo dei pubblici uffici e legalmente per la durata della pena. Il tribunale ha trasmesso alla Procura gli atti delle deposizione di un teste per falsa testimonianza. Amalia Daniela Palano e Gina Currao sono accusate di non avere eseguito subito un parto cesareo per “evitare di rimanere a lavorare oltre l’orario previsto, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato, somministrato alla gestante dell’atropina per simulare una inesistente regolarita’ nell’esame medico”. Nelle indagini è entrata anche la dottoressa Paola Cairone che, secondo l’accusa, “pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, tecnica bandita dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante e non contattava in tempo il neonatologo che effettuava l’intervento di rianimazione con gravissimo ritardo”.

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