PALERMO – E’ il giorno della sentenza nel processo Open Arms che si celebra nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, presente in aula, rischia fino a 6 anni di reclusione per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio: l’accusa è di avere impedito, cinque anni fa, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, rimasti a bordo della nave della ong spagnola per 19 giorni.
“Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato l’immigrazione di massa – ha detto Salvini prima di entrare nell’aula bunker -. Qualunque sia la sentenza per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di avere difeso il mio Paese. Rifarei e rifarò tutto quello che ho fatto e sono felice delle dimostrazioni di affetto che tantissimi italiani mi stanno portando. Entro in aula orgoglioso del mio lavoro. Non mollerò assolutamente”.
L’aula bunker è affollata di giornalisti. Folla anche nella saletta riservata al pubblico, dove stamane c’era anche il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara: “Sono qui perché sono amico di Matteo Salvini, per dargli la mia vicinanza e la mia solidarietà in questo momento”. A seguire tra il pubblico ci sono anche Claudio Durigon, vice segretario della Lega, e il parlamentare leghista Alessandro Morelli.
“I migranti soccorsi dalla Open Arms non avevano diritto di scendere perché malati, ma perché uomini liberi. Infatti a Salvini si contesta il reato di sequestro di persona, non di lesioni. Il problema è la libertà non la salute”, ha detto nel corso di brevi repliche la procuratrice aggiunta Marzia Sabella, pubblica accusa al processo. “Se una nave da crociera ben può costituire un comodo e pur divertente Pos temporaneo – ha aggiunto – i crocieristi a bordo che si trovano a non poter sbarcare in assenza di valide ragioni sono indubbiamente vittime di sequestro di persona. Lo sbarco dei minori competeva al ministro dell’Interno, non alla Prefettura come sostiene la difesa. E i minori avevano diritto a sbarcare secondo la normativa Sar”.
“E’ scorretto inoltre, come fa la difesa, attribuire la giurisdizione alla Spagna, Stato di bandiera della Open Arms – ha continuato il magistrato -. La legge prevede, infatti, che la giurisdizione è del Paese nelle cui acque si trova l’imbarcazione: in questo caso l’Italia”. Sabella ha smentito che ragioni di sicurezza nazionale giustificassero il no allo sbarco.
Replicando all’intervento della Procura, è intervenuta l’avvocata Giulia Bongiorno: “La Procura illumina singoli dettagli oscurando il senso generale. Il pm ha omesso di replicare a fatti gravissimi da me evidenziati durante l’arringa”. Per Bongiorno, inoltre, il pm dimentica che l’accordo di redistribuzione di cui parlò l’ex premier Conte, citato dalla Procura nelle repliche, non era perfezionato, “mancando l’esatto numero dei migranti di cui gli Stati si sarebbero dovuti assumere la responsabilità”. Ai migranti, infine, secondo la difesa di Salvini, furono assicurati cibo e riparo durante tutta la loro permanenza sulla Open Arms.
Dopo le brevi repliche della Procura e della difesa, i giudici del tribunale di Palermo si sono ritirati in camera di consiglio per emettere il verdetto. La sentenza è attesa non prima delle 18. Al processo si sono costituti parte civile alcuni dei profughi trattenuti a bordo della nave catalana e tra gli altri Legambiente, Arci, l’associazione AccoglieRete, Giuristi Democratici, il Ciss, Mediterranea Saving Humans, Cittadinanza Attiva, Oscar Camps, direttore della ong Open Arms, il comandante della nave a cui fu impedito l’attracco, Reig Creus, e il capo missione Anna Isabel Montes, il Comune di Barcellona, l’associazione Emergency e Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione). I legali delle parti civili hanno chiesto complessivamente la condanna dell’imputato al pagamento di un milione di euro a titolo di risarcimento del danno. Il dibattimento è cominciato il 15 settembre del 2021. Sono state celebrate 24 udienze e sentiti 45 testimoni.