“L’abbiamo fatta grossa”. “Sudavano freddo”. Zabara rimproverò Panella di aver esagerato. Sono le parole del testimone chiave che anche i giudici della corte di appello di Firenze hanno ritenuto credibile attribuendo così la responsabilità della morte di Emanuele Scieri, il parà di leva siracusano deceduto a 26 anni il 13 agosto 1999 (il corpo fu ritrovato tre giorni dopo nella caserma Gamerra di Pisa), ai due ex caporali, Alessandro Panella e Luigi Zabara, condannati rispettivamente a 22 anni e a 9 anni, 9 mesi e 10 giorni. Parole contenute nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, come riporta oggi La Nazione.
La Corte ha approfondito l’evento e la sua dinamica, giungendo anche ad una ricostruzione parzialmente diversa da quella dei giudici pisani di primo grado: le lesioni alle mani, all’avampiede e al polpaccio furono causate, secondo i giudici di appello, “da terzi e non dalla caduta” e anche la maglietta di Scieri sollevata ha una spiegazione: secondo le testimonianze, rimanda al modus operandi dei ‘nonni’, soliti sollevare la maglietta per colpire con i cazzotti la recluta costretta alle flessioni. Inoltre, secondo i giudici non vi fu alcuna contraddizione “sul testimone chiave dell’accusa la cui narrazione si inquadra nel clima di nonnismo della Gamerra che trovava un terreno permissivo”.
Infine nella sentenza si spiegano le diverse posizioni degli imputati che non concordarono l’omicidio, conseguenza delle loro condotte, soprattutto da parte di chi, superò il limite: Panella raggiunse Scieri in fuga e lo fece cadere causandone la morte, e per questo fu rimproverato da Zabara. Perciò la posizione di quest’ultimo non è stata assimilata proprio a quella del principale imputato.